La favola di Burruni
il piccolo pugile
che fece grande l’Italia
È stato il piccolo grande uomo del pugilato italiano
“E’ stato certamente uno dei nostri migliori pugili, ma è stato anche un uomo straordinario, un campione di modestia come pochi, un esempio e una lezione per tanti atleti che si sentono campioni senza esserlo”.
“Però grandi personaggi nel professionismo ce ne sono stati, Mohammed Alì, per esempio, o quel piccolo boxeur sardo che vinse il titolo mondiale dei Pesi Mosca, Salvatore Burruni, all’epoca, negli anni Sessanta, era incredibile che uno come Burruni diventasse campione del mondo dei Pesi Mosca.
Era l’esempio del giovane sardo che aveva rischiato qualcosa al di fuori di quello che è il suo ambiente e che ce l’aveva fatta. Il filmato che abbiamo presentato ad Alghero, suo paese d’origine il 15 luglio, 41 anni dopo, dice molto dell’uomo.
La gioia degli algheresi all’aeroporto, le lacrime del campione quando l’aereo sta atterrando, l’abbraccio dell’anziana madre.
Sì, il campione che torna a casa dopo aver vinto il titolo contro il thailandese Pone Kingpecht, un campione questo che deteneva il titolo da anni. E’ sicuramente l’immagine di un’epoca, non solo perché il filmato è in bianco e nero, ma anche per via di quell’entusiasmo contenuto che rivela la misura con cui il popolo sardo lo aveva ricevuto all’aeroporto: con molta commozione e dignità”.
Una sola “nazione” si è sempre opposta allo strapotere congiunto del Sudest asiatico e del Centroamerica sulle categorie di peso più leggere: un’isola assolata e battuta dal vento che risponde al nome di Sardegna, l’orgoglioso spirito battagliero dei sardi da sempre copre l’italia dei trionfi e degli onori guadagnati tra le corde. Voglio rinverdire il ricordo di Salvatore Burruni, detto Tore, campione italiano, campione europeo e, per oltre un anno, indiscusso campione del mondo dei pesi mosca.
Da sole, le due righe che ho appena scritto, basterebbero a rendere l’idea della stupefacente boxe catalana del campione di Alghero. Tornato a casa, Tore Burruni, piccolo grande guerriero che aveva tenuto il mondo con le mani, dovette soccombere, all’età di settant’anni, ad un male incurabile che ne piegò solamente il corpo, lasciandone intatto il forte e dignitoso spirito algherese.
“Con il suo coraggio era entrato nel cuore di tutti i sardi”
Quel giorno di tanti anni fa a Sassari, Tore Burruni era li nell’aula magna del Liceo Azuni per ricevere dall’ On. Pietro Soddu, una delle mille medaglie che ha avuto in vita sua. E una mia collega, di statura medio-sarda, si meravigliò che quel campione del mondo fosse più basso di lei. A distanza di tempo ancora lo racconta sorridendo.
La verità è che i pugili, visti fra le corde del ring, sembrano sempre più grandi di quanto in effetti non siano.
Ma di Burruni colpiva anche l’intelligenza: non solo quella del fighter – ché al livello dei pesi mosca, al suo tempo, la scherma veniva prima della forza -, ma anche quella dell’uomo che sapeva ragionare e parlare con senno. Aveva una pronuncia algherese fortissima, che dava come un sovrappiù di saggezza da pescatore alle cose che diceva: e pazienza se pescatore non era stato mai.
Fu uno dei primi pugili sardi che potemmo seguire in televisione. La sua carriera e la tv in Sardegna (dove era arrivata con qualche anno di ritardo) erano cominciate quasi insieme. Burruni, che era già simpatico di suo per la riservatezza, la sua modestia, il grande coraggio, aveva un alto indice di gradimento nel cuore dei sardi.
Rivisi Burruni a fine maggio del 1993 ad Alghero in un convegno il cui tema era “La boxe nella cultura sarda”, i promotori avevano messo insieme un bel gruppo di ex-campioni (uno per tutti, mi ricordo, Duilio Loi), tutti i pugili che parlarono dissero poche cose, ma giuste. Burruni stava in mezzo a loro e si vedeva che era il più amato di tutti.
“Nessuno ha mai avuto dubbi, Tore Burruni è stato il miglior pugile sardo di sempre. Ma non è stato soltanto un grande pugile, è stato un simbolo per la sua città e tutta l’Italia, un grande uomo che si è sempre distinto per il rispetto dell’avversario, la più alta rappresentazione degli ideali sportivi ed olimpici.
Quasi una epigrafe per esaltare il ricordo di un amico. Ma anche un avvertimento per chi allo sport si avvicina senza la seria e dignitosa coscienza dei propri limiti. Burruni aveva saputo fare anche questo”
“Nella biografia di un campione nulla deve mancare di quanto possa interessare gli sportivi. E forse sono anche pochi coloro che sono a conoscenza del vero periodo “eroico” della carriera di Burruni. Non tutti sanno che Tore, la notte del 27 ottobre del 1958, divenne campione d’Italia combattendo contro Spano con una mano sola. Tre giorni prima, un giovedì sera, in allenamento, il campione del mondo accusò un lancinante dolore alla mano sinistra. Venne accompagnato subito da un eminente clinico il quale provvide a fargli seduta stante una diecina di lastre e la diagnosi fu spietata, terribile: “frattura del metacarpo in un punto amorfo, privo di sanguificazione, quindi assoluta impossibilità di saldatura e di guarigione. … v’è ancora chi crede ai miracoli”.
Burruni è riuscito con il suo carattere a fare breccia nei giovani pugili
“L’umanità del maestro, la generosità, la modestia e l’assenza di atteggiamenti da prima donna, l’onestà intellettuale e la forza morale innestata, catturavano immancabilmente gli allievi”
nel 1969 nel premiarlo con un riconoscimento da parte della Regione Sardegna oltre a ricordare i suoi meriti sportivi e le sue grandi doti disse di lui: “È stato un simbolo per la sua città e per i sardi. Spesso, tra i nostri emigrati che lo seguivano nei suoi incontri, sentivi dire: «Quando combatte senti dentro di te un qualcosa che riesce difficile da spiegare; Tore ti trasmette forza, coraggio, orgoglio, il desiderio di gridare forte: è un sardo come me.»
insieme al Consiglio Comunale all’unanimità, a meno di un anno dalla scomparsa del Campione, in occasione dell’inaugurazione e apertura della nuova S.S. 127 bis che dedicata a lui prende il nome di “Viale Tore Burruni Campione del mondo di Pugilato” lo ricorda con queste parole: “Tore è stato anche il più qualificato messaggero, in termini turistici, della sua città. Alghero, conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze naturali e per quel centro storico tra i più rinomati, ha tratto enormi vantaggi anche grazie al suo figlio Campione del Mondo. Dappertutto, nei manifesti che annunciavano la presenza di Burruni su un ring, era riportato anche il nome della sua Alghero con a fianco Italia. E lui andava orgoglioso di questa doppia precisazione. E parlava l’algherese”.
Quel dialetto algherese che nel lontano 1955 a Barcellona in occasione dei “Giochi del Mediterraneo” lo fece diventare il beniamino del pubblico locale, che si stupiva nel vedere nella nazionale Italiana, un pugile di origini Catalane.
Burruni si intratteneva a fine allenamento, a chiacchierare con i tifosi catalani accorsi in palestra per conoscere questo ragazzo che parlava la loro lingua (anche se con qualche influsso di Italiano).
Il tifo per lui aumentò fino al punto, (destino vuole), che in finale incontrò un pugile di Madrid e il tifo era tutto per “Tore Català” “El Català de Italia” nomignoli affibbiatogli dai giornalisti del “Mundo Deportivo” importante giornale sportivo, che lo ha seguito con i suoi inviati da quel momento, fino alla fine della sua carriera, quando vinse il titolo mondiale lo incoronò come l’orgoglio Catalano sul tetto del mondo (eravamo nel pieno del regime franchista).
In occasione dell’inaugurazione della mostra “Cinquant’anni da campione” dedicata a Burruni a cinquant’anni da quella straordinaria conquista del Titolo Mondiale lo ricorda con orgoglio: “Tore Burruni era e rimane il simbolo di uno sport autentico e glorioso, un esempio di lealtà e correttezza per l’Italia intera, è l’atleta che più di tutti ha diffuso i veri valori dello sport esportando nel mondo la sua città, un esempio per le giovani generazioni”. Una bellissima mostra fotografica, ricca di trofei che raggiunge il suo momento più importante con la trasmissione dell’incontro del titolo mondiale e il video dell’arrivo del Campione ad Alghero, più di duemila persone come da registro visitatori hanno visitato la mostra, sottoscrivendo dediche e ricordi all’indimenticato Tore.
Ne citiamo alcuni tra i più suggestivi:
“oltre a ricordarti per il grande campione che sei stato, ti ricorderò sempre per la meravigliosa persona che eri, ho solo bei ricordi di te”
“un ricordo indelebile di umanità, semplicità e coraggio, un esempio per tutti gli sportivi italiani”
“Grazie per aver ricordato a tutti che dopo cinquant’anni Tore rimane l’unico vero campione del Mondo sia in campo sportivo che morale, un grande onore per Alghero, la Sardegna e l’Italia tutta”
Da poco nominato Presidente del Consiglio Regionale, in occasione di un convegno che vedeva la partecipazione di tantissimi giovani atleti sardi, nel ricordare gli alti valori umani dello sport, portava ad esempio Tore Burruni. “Tore non è stato solo un grande atleta e Campione sportivo e i suoi titoli parlano chiaro, ma la sua umiltà, il rispetto dell’avversario e i suoi insegnamenti ai giovani atleti dei più alti valori olimpici, fanno di lui un esempio per le giovani generazioni sportive”.
il 23 aprile del 1965, Tore Burruni conquistava il titolo di campione del mondo di pugilato. A Roma, Burruni batteva il thailandese Pone Kingpetch in un match memorabile che ha segnato una pagina indelebile della storia della boxe mondiale e della storia di Alghero. Una serata indimenticabile per chi l’ha vissuta: Salvatore Burruni alla bella età di 32 saliva sul tetto del mondo, quinto italiano a conquistare la cintura mondiale dopo Carnera, D’Agata, Loi e Mazzinghi. “Un piccolo gigante dal fisico d’acciaio e dalla volontà di ferro”, così veniva definito nel mondo della boxe. Ma per noi algheresi Tore Burruni è stato soprattutto un grande uomo, prima che un campione, un uomo che ha dato tantissimo alla sua città e che ha rappresentato e rappresenta ancora un esempio per gli algheresi e per i sardi. Grazie Tore”.
In una delle sue ultime interviste Il Campione Algherese concludeva così il suo intervento:
“Lo sport ci aiuta, ad affrontare con serenità la delusione di una sconfitta, lo sport può essere, un esercizio fisico e mentale, ci rende migliori e ci permette di diventare più virtuosi, quei valori che oggi, sembrano abbandonati, si possono riscoprire e apprezzare svolgendo con serietà un’attività sportiva, l’umiltà, legalità, rispetto per le regole siano sempre insegnate ai giovani atleti”.
Ritiratosi dal pugilato nel 1969 ritorna alla sua Alghero, ma la passione per il pugilato non passa e insieme al vecchio amico e pugile Angelino Priami prendono in mano le redini della loro vecchia società pugilistica “Gruppo Pugilistico Algherese” società affiliata alla Federazione Pugilistica Italiana dal 1947, e in quei vecchi locali nel centro storico di Alghero rinasce la passione per la noble art.
La palestra è frequentatissima da giovani pugili fino a competere come importanza con lo sport nazionale, il calcio.
Frequenta il corso per insegnante di pugilato e il 15 febbraio del 1972 supera gli esami e ottiene il titolo di maestro.
Il duo Priami Burruni in quegli anni ottiene importanti successi, Campioni Sardi, Campioni Italiani, pugili convocati in Nazionale, grazie a questi risultati il campione algherese viene chiamato alla guida della nazionale Italiana per affiancare Franco Falcinelli, altro periodo di indimenticabili risultati.
Sui muri della vecchia palestra nel centro storico di Alghero, capeggiava la grande scritta “MENS SANA IN CORPORE SANO”, attorniata di estratti dai versi del poeta greco Pindaro che esaltavano i valori olimpici e la partecipazione ai giochi.
La lettura con attenzione di queste frasi era la prima cosa che Priami e Burruni insegnavano ai giovani atleti, ancor prima dei rudimenti e tecniche del pugilato.
Nel 2004 alla sua morte la vecchia società pugilistica cambia nome e si chiamerà “Gruppo Pugilistico Algherese Tore Burruni”, la palestra non si trova più nel centro storico di Alghero, il grande Campione non c’è più, ma il suo ricordo, in quei nuovi locali e sempre vivo, con foto e trofei; ma nella palestra ci sono ancora i suoi ragazzi che oggi sono diventati insegnanti di pugilato o che accompagnano i propri figli all’allenamento, nei muri ci sono sempre le bellissime poesie olimpiche ma soprattutto nonostante l’età nato nel 1931 in palestra tutti i giorni si può incontrare il suo vecchio compagno Angelino Priami, che sempre tiene alti quei valori olimpici, esempio per tutti di quello che è stato e continua ad essere il pugilato algherese.